Segnalazioni

Il Veneto e le ferrovie, tra cinismo e insensibilità

Da troppi anni, in Veneto, si assiste ad una continua ed inesorabile riduzione dei treni. Purtroppo le proteste stentano ogni volta a farsi sentire, finendo nel vuoto (esattamente ciò che del resto desiderano i responsabili dei “ridimensionamenti”). Negli ultimi anni, la Regione ne ha fatte di tutti i colori: ha eliminato tutte le corse nei festivi sulla Treviso-Portogruaro, ha ridotto nella fascia serale la linea Conegliano-Belluno, diminuito i collegamenti tra Sacile e Venezia Mestre, ridotto drasticamente le corsette Treviso-Montebelluna (sin dal 2011 e ancora una volta nel 2018), semplificato (parola molto in voga oggi per indicare dei tagli, come “razionalizzazione”) i collegamenti da Venezia e Padova per Bassano del Grappa, ridotto i collegamenti tra Conegliano e Vittorio Veneto, tra Vicenza e Castelfranco Veneto. E ancora, meno Padova-Belluno, meno Belluno-Treviso-Montebelluna il sabato e la domenica, otto treni in meno sulla Padova-Treviso nel fine settimana. La lista sarebbe infinita, ma occorre ragionare sul perché tutti i collegamenti eliminati vadano ripristinati e sul perché sia necessario puntare sul ferro: non serve elettrificare linee, se poi le corse vengono costantemente ridotte di anno in anno! Non è sufficiente nemmeno avere un materiale rotabile moderno, in assenza di un servizio frequente (soprattutto nei festivi). Ad esempio, si fa spesso il paragone tra le produttive regioni del nord Italia e l’Europa: peccato che tra i requisiti minimi, per poter instaurare un confronto degno con le altre regioni europee, vi sarebbe il treno come mezzo di trasporto primario e fondamentale. Sì, perché i treni eliminati vengono in gran parte sostituiti da autocorse: bus che impiegano più tempo e che di conseguenza scoraggiano l’utilizzo del mezzo di trasporto pubblico (dunque non lamentiamoci se sempre più persone utilizzano la propria automobile), bus che si aggiungono alle lunghe code in strada e bus che partecipano all’inquinamento ambientale. Per esempio, i giovani di “Fridays for Future” stanno facendo un buon lavoro, ma dovrebbero ripartire proprio dal dialogo con la Regione in modo da potenziare il servizio ferroviario (l’unico ecosostenibile). Invece, a differenza delle regioni europee con cui si è soliti fare il paragone, i bus aumentano (una consuetudine tutta italiana), mentre i treni diminuiscono. Purtroppo, soprattutto da parte della Regione Veneto, prevale un ragionamento incentrato soltanto sul cinismo: il treno non raggiunge una soglia definita di persone a bordo? Si taglia. Senza preoccuparsi del fatto che se il treno è poco frequentato, forse è colpa in parte degli stessi amministratori: l’utilizzo del treno non è sufficientemente promosso, i ritardi sono all’ordine del giorno, le corse sono sempre meno e di conseguenza si scoraggia l’utilizzo del treno. Anziché aumentare i collegamenti e puntare sul servizio ferroviario, si eliminano corse, peggiorando la già critica situazione: critica per i pendolari, per il territorio (che risulta sempre più impoverito, perché le zone più colpite sono quelle geograficamente “periferiche”) e per il turismo (il quale, in una regione tanto all’avanguardia come il Veneto, dovrebbe potersi spostare con mezzi pubblici frequenti). Infine, sperando sempre in un ripensamento e in un cambio di rotta, non mi rimane che prendere atto di una certa “sfacciataggine” da parte degli autori dei tagli: quando questi non vengono nascosti, sono rivendicati quasi con orgoglio. Come se si stesse facendo qualcosa di positivo. Verrebbe da chiedersi: è questo il futuro che vogliamo? Se si vuole davvero competere con l’Europa, non finirò mai di ripeterlo, si parta dall’incentivo di un mezzo di trasporto sostenibile. Il treno.

A.B.