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La Juve nel cuore, il mondo in un tubo: San Giuseppe piange Sergio Trabucco

Classe 1937, scampato per un soffio al bombardamento di Treviso del '44, per un tragico segno del destino sei spirato nel medesimo giorno, ieri, il 7 di aprile per quel virus "incoronato" che ti ha assalito all'improvviso quasi si fosse trattato d'uno scherzo - era il primo aprile infatti il giorno del tuo ricovero - ed in men che non si dica ti ha vinto. Come tua sorella Santa, che abbiamo accompagnato, si fa per dire visto il divieto di un funerale o di qualsiasi altra cerimonia di commiato, al cimitero giusto il mese scorso, anche lei per la stessa ragione. La Juve nel cuore ed il mondo in un tubo: questo potrebbe essere il riassunto della tua vita, piena, generosa e pure avventurosa. La Juve era un amore inossidabile che ti vide protagonista della fondazione del club di Quinto ed anima dello stesso. Il mondo poi lo hai girato parecchio per quella professione di idraulico-impiantista che ti portò nei deserti infuocati di Libia, Algeria, Tunisia a costruire i giganteschi impianti per il petrolio ed il gas e per portare l'acqua a paesetti che sorgevano ex-novo nei pressi per le future maestranze.

Hai conosciuto l'Arabia degli sceicchi ultra miliardari coi loro faraonici progetti che contribuisti a realizzare e l'Irak di Saddam Hussein sempre a posare e saldare chilometri di tubazioni di ogni spessore e diametro a volte correggendo, stante la tua esperienza, qualche errore nei progetti che studiavi per poi procedere alla loro realizzazione o ingegnandoti a trovare soluzioni per pezzi mancanti a magazzino che magari dove correre a reperire e, alla bisogna, pure modificare per adattarli. In una di queste corse col camion ti trovasti ad un passo dalla tragedia. Diretto a Brega, il grande porto libico sul golfo della Sirte, punto terminale dell'oleodotto di Zelten e sede di raffinerie e di impianti per il trattamento dei gas naturali ti trovasti all'improvviso nel bel mezzo di una tremenda tempesta di sabbia. Scrivi nel tuo diario: "Martedì= sono partito ieri dal cantiere per Brega. Non vedo nulla, il Ghibli soffia violentissimo, ho perso la pista e mi insabbio. Dopo vari sforzi riesco a ripartire ma non mi oriento più, il sole è scomparso e le dune alla mia destra che erano i miei punti di riferimento sono sparite. Mi insabbio ancora e mi preparo per la notte. Mi pare di essere finito in una depressione, cerco di dormire anche se il rumore è forte ed il freddo sale. Mi riparo con un asciugamano e visto che ho gasolio in abbondanza accendo il riscaldamento del camion. Bere no, ho 1 litro d'acqua e domani chissà quanto caldo farà.Mercoledì= insabbiato e disperso nel deserto ed il ghibli che imperversa ancora, Fatta qualche ricognizione senza allontanarmi troppo dal camion per capire dove sono.

Mi concedo 2 bicchieri d'acqua. S'accorgeranno di me solo da giovedì in poi, ho la gola che brucia ma cerco di tener duro. Giovedì: è notte ed il vento continua a soffiare. Mi pare di vedere lontano dei bagliori, forse i fari della Mann, una ditta tedesca che ha un grosso cantiere vicino al nostro. Se fosse così saprei dove sono. Ore 13.30 di sabato: sono salvo! Un piper atterra vicino al camion approfittando del ghibli sparito e mi carica. Grazie a Dio è finita bene!...". Hai vinto il deserto per poi morire in un letto d'ospedale vinto da un virus la cui sigla, me lo dicesti sorridendo, ti ricordava quella di alcune partite di componenti che ti arrivavano in cantiere laggiù nel deserto irakeno. Ciao zio Sergio! Guardo alcune vecchie foto che Maurizio, uno dei tuoi 5 figli e mio cugino, ha ritrovato nei cassetti e ti vedo in quelle lande desolate ed infuocate mentre, saldatore in mano, volteggi sui tubi accarezzando il cielo, viste le altezze delle infrastrutture che stavi costruendo. Cielo che ora hai raggiunto, saldando l'ultimo tubo...


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