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"Oltre quegli alti muri di cinta...": ecco l'ultima riflessione di Cittadinanzattiva Treviso

Una riflessione sulla situazione all'interno delle carceri italiane. Dopo i vari Comuni capoluogo del Veneto, anche la Città di Treviso dovrebbe nominare la "figura del garante", il cui compito è occuparsi della tutela delle persone ristrette o limitate nella loro libertà personali.

Comincia così l'ultima frase delle dichiarazione della Ministra della Giustizia italiana Marta Cartabia, in merito ai gravi fatti occorsi nel carcere di Santa Maria Capua a Vetere. La frase completa è: "Oltre a quegli alti muri di cinta, c'è un pezzo della nostra Repubblica, dove la persona è persona, e dove i diritti costituzionali non possono essere calpestati. E questo a tutela anche delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria, che sono i primi ad essere sconcertati dai fatti accaduti". In quella stessa occasione, la Ministra aveva detto che ciò che era accaduto era "un oltraggio alla dignità della persona e della divisa". La Ministra Marta Cartabia è un persona che ha fatto del suo impegno alla giustizia e all'affermazione della legalità e dei diritti delle persone, una battaglia di vita. L'ultima sua carica prima di essere Ministra della Giustizia, nel Governo Draghi, è stato essere la Presidente, prima donna nella storia, della Corte Costituzionale.

LE CARCERI. Nella cultura popolare sono state da sempre luogo di paura e di avversione. Ricordo che i vecchi dei nostri paesi, oltre a sperare che si buttassero via le chiavi di tutte le carceri, lasciando marcire i detenuti, istruivano i loro nipoti a stare lontano anche dal perimetro carcerario, per evitare che "i brutti" in evasione facessero del male alle persone che passavano. Le carceri italiane sono 189. Sono parte integrante, distaccate e ignorate delle nostre città. Anche se spesso le Amministrazione pubbliche si dimenticano della loro presenza, malgrado siano, almeno quelle di vecchia data, nei centri città, come succedeva a Treviso. In questi luoghi le persone detenute sono 53.637 (contro una capienza regolare di 50.779, quindi esiste un sovraffollamento). Di questi 17mila circa sono i detenuti stranieri (sono in calo rispetto agli scorsi anni) e i detenuti collegati ai reati di droga sono 18.757, mentre i detenuti per ergastolo sono 1.784. Le donne sono complessivamente 2.228 (4,2%). Quindi, si può affermare che in Italia la criminalità ha un volto decisamente maschile. Nel 2020 sono stati 61 i detenuti che si sono suicidati, molti sono quelli che hanno fatto delle gesta autolesionistiche. Sovente si tratta di gesta di richiamo d'attenzione e forme di protesto. Oltre a questo fatto italiano, diciamo di casa nostra, sono detenuti nei carceri del mondo 2.113 italiani. Cinquecento di loro sono in paesi dove il regime carcerario è pesante. Millesettecento sono nelle carceri europee, di cui 966 stanno già scontando una condanna, 1.113 sono in attesa e 34 sono quelli per i quali è stato richiesta l'estradizione. Diciassette, infine, sono le carceri cosiddetti minorili (istituti penali per minorenni). Uno di questi è a Treviso, inserito nella casa circondariale di Santa Bona. Qui si stima siano 12/14 persone minorenni detenute, per la gran parte stranieri. Il carcere di Treviso è una "casa circondariale".

Questa espressione sta a identificare che in questo carcere ci sono detenute persone in attesa di giudizio o quelle condannate a pene inferiori o con residuo di pena, inferiore ai 5 anni. Qui si trovano 191 detenuti (secondo i dati ufficiali, aggiornati al mese di giugno 2021). Tutto questo mondo sin qui descritto è quello che la Ministra Cartabia considera al di là delle alte mura di cinta. A garantire queste "alte mura di cinta" c'è quanto stabilito dall'articolo 27 della Costituzione Italiana che così, e in modo chiaro si esprime ("L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte") e più nel dettaglio collegato a quanto già sancito dall'Ordinamento Penitenziario (legge 354 del 26 luglio 1975, aggiornato il 28 febbraio 2017). All'articolo 1 si scrive e ci si impegna: "il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto delle dignità della persona. E' improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazione in ordine a nazionalità, razza e condizioni... deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi ". Su tutto ciò è garante la politica attraverso il Ministro di Giustizia, e tutta la sua corte di collaboratori. Lo Stato, come dice la Ministra Cartabia, dovendo garantire un pezzo della sua dignità, di Repubblica democratica e della sua Costituzione, non può accettare che un manipolo di suoi servitori possano non convenire a ciò ed accettare questo.

Quello che è successo a Santa Maria Capua a Vetere, a Modena ed in altri istituti di pena, è un fatto grave poiché sono stati messi in discussione i principi della democrazia e del diritto della Costituzione. Non c'è alcuna giustificazione verso tale barbarie. Al reo, che oggi fa schifo più di ieri, e sul quale vi è un sistematico linciaggio mediatico, che semina odio e voglia di vendetta, è sufficiente la pena inflitta dai Tribunali. Questo è il prezzo che chi sbaglia deve pagare. Le torture, gli atti barbarici e le intimidazioni sono metodi mafiosi non degni di un paese, che in tema di diritti civili, anche nei secoli scorsi è stato un modello al quale ispirarsi. Tutto questo non è magnanimità bensì diritto di e per tutti, sia delle vittime, alle quali è stata impostata, giustamente anche una legislazione specifica europea (Direttiva 2012/29/Unione Europea), sia dei carnefici. Infine, un'ultima considerazione politica. Essendo il problema delle libertà e dei diritti delle persone, tutte, una cosa importante e seria, a cui si deve fare riferimento tenendo conto dei tanti equilibri e delle relazioni, spesso infrante, anche in modo drammatico dagli eventi criminosi, è stata istituita la "figura del garante".

La sua missione principale è quella di occuparsi della tutela dei diritti delle persone ristrette o limitate nella libertà personale. Nella Regione Veneto esiste questa figura con relativi servizi attribuitigli dalla Regione. Ad esso fanno riferimento quelli comunali. Tutti i Comuni capoluogo del Veneto, ne hanno nominato uno (Belluno, Padova, Rovigo, Venezia, Verona e Vicenza). Assente "ingiustificato" è il Comune di Treviso. Crediamo sia tempo e ora che lo nomini, vista anche l'evoluzione delle sensibilità che le forze politiche di maggioranza hanno suoi temi della libertà e della giustizia. Giancarlo Brunello Coordinatore provinciale di Cittadinanzattiva Treviso


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