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Mostra "Out of Place. Arte e storie dai campi rifugiati nel mondo"

Fondazione Imago Mundi presenta da giovedì 7 marzo a domenica 30 giugno 2024 presso la sede espositiva delle Gallerie delle Prigioni a Treviso la mostra Out of Place. Arte e storie dai campi rifugiati nel mondo.

L’esposizione, curata da Claudio Scorretti, Irina Ungureanu e Aman Mojadidi, prende le mosse dalla più recente collezione di Imago Mundi, che, nel suo percorso di mappatura globale dell’arte contemporanea, ha chiamato a raccolta 162 artisti che vivono o hanno vissuto in campi per rifugiati e hanno realizzato le 174 opere in formato 10x12cm, tratto distintivo di Imago Mundi Collection, esposte in mostra.

L’essenza del progetto sta nella pluralità di storie che, distribuite nei cinque continenti, testimoniano come la condizione di rifugiato sia accidentale e rivendicano ciascuna la propria unicità. In questo modo, i rifugiati non sono una massa indistinta di persone senza volto, assumono invece i contorni nitidi di singoli individui, ciascuno con la propria vicenda unica e irripetibile, che ha affidato alla tela.

Le aree di provenienza degli artisti vanno dall’Afghanistan al  Myanmar e al Vietnam, dalla Palestina al Kurdistan e alla Siria, dal Burundi all’Etiopia e alla Somalia, dalla Costa d’Avorio al Sudan, e da altre zone ancora – tutti luoghi che ci parlano di crisi multiformi, che siano conflitti armati, persecuzioni etniche o religiose, catastrofi naturali, violenza o altro – e i Paesi di accoglienza sono allo stesso modo distribuiti ovunque, dall’Uganda (negli insediamenti per rifugiati di Bidibidi e Nakivale) al Kenya (campi di Kakuma e Dadaab), dal Bangladesh (campo di Kutupalong) alla Giordania (campi di Za’atari, Baq’a, Hittin, Irbid, Madaba e Souf) dal Nord America alla Germania, dall’Australia all’Italia.

Tra le storie che veniamo a conoscere: Chinar Hassan, artista curda nata in Siria, rappresenta, nell’essenzialità del suo lavoro, il senso di profonda incertezza verso il futuro che è proprio di chi non ha casa; nel lavoro di MyLoan Dinh, artista di origine vietnamita residente negli Stati Uniti, una foto di famiglia è incorniciata dai ritagli di un’economica borsa per la spesa che spesso i rifugiati impiegano come valigia, mentre sul retro dell’opera frammenti di gusci d’uovo formano una busta, a simboleggiare la fragilità della loro condizione e il desiderio di restare in contatto con i familiari; l’opera fotografica di Youssef Al-Shuwaili, dall’Iraq, presenta una madre in una posa simile a quella della Madonna della Pietà, ma, a guardar bene, la donna con un braccio culla un neonato e nell’altra mano tiene una granata, generando un cortocircuito di amore e odio.

Ogni ambiente delle Gallerie delle Prigioni è dedicato a un campo per rifugiati e offre approfondimenti di testo, video o fotografici, realizzati da alcuni degli artisti autori delle opere 10x12cm, per consentire al visitatore di conoscere senza filtri, dalle stesse parole e immagini degli artisti, le loro vite e vicissitudini.

Alle opere 10x12cm si aggiungono tre installazioni realizzate specificatamente per questa mostra da artisti presenti in collezione: nell’opera di Rushdi Anwar, artista curdo, frammenti di tappeti sono posti gli uni accanto agli altri, generando così spazi vuoti e irregolarità nei disegni che rimandano alla precarietà della vita dei rifugiati; Laila Ajjawi, artista palestinese, ha prodotto un intervento artistico su tela che richiama i murales che normalmente dipinge nei campi per rifugiati; il fotografo Mohamed Keita, originario della Costa d’Avorio e giunto a Roma a 14 anni nel 2007, ha realizzato infine una serie di ritratti corredati dalle interviste del giornalista Luca Attanasio.

Il progetto di Fondazione Imago Mundi dedicato agli artisti rifugiati nel mondo non si ferma: è in corso, infatti, una nuova raccolta di opere, che nei mesi a venire andranno ad integrare quelle già in mostra e concorreranno a formare il catalogo dedicato, di prossima pubblicazione.


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